E’ il 9 aprile del 1928 e anche il gruppo del Milano II e del Milano VI depongono le proprie fiamme esattamente come quasi tutti i gruppi scout italiani in osservanza del decreto del Consiglio dei Ministri che dichiarava soppresso tutto il movimento scout.

Non esattamente per la precisione: alcuni ragazzi incoscienti e coraggiosi come possono essere i ragazzi si rifiutano di cessare le attività e continuano a ritrovarsi in clandestinità, usando messaggi cifrati e tenendo regolari campi scout d’estate in Val Codera. Durante il fascismo, entrate in vigore le leggi razziali, gli scout agiscono in clandestinità attraverso OSCAR (Opera Scautistica Cattolica Aiuto Ricercati) per far espatriare in Svizzera con documenti falsi gli ebrei perseguitati. Tutto col gioco, nulla per gioco, chissà se Baden e Kelly (nomi in codice di Don Adrea Ghetti e Giulio Cesare Uccellini) due figure chiave delle Aquile Randagie si sono ispirati a questa massima di BP o se semplicemente non volevano arrendersi a vivere nella paura e riconquistare la libertà di pensare autonomamente. Un giorno in più del fascismo, non era una minaccia ma una promessa e si sa, gli scout quando promettono qualcosa poi lo mantengono o almeno ce la mettono tutta.

Della loro resistenza diranno “noi non spariamo, non uccidiamo, noi serviamo” e lo faranno anche dopo la Liberazione cercando di salvare i nazisti dalle rappresaglie dei partigiani in cerca di vendetta. Il film “Le Aquile randagie” si apre con la scena di un giovane Don Barbareschi che prende in consegna un ufficiale delle SS per scortarlo in Svizzera, i due non si guarderanno per gran parte del film, continueranno a scalare le montagne senza fidarsi l’uno dell’altro, non diventeranno amici e non ci sarà alcun colpo di scena con pentimenti improvvisi ma ognuno di loro scoprirà che “Non si nasce liberi, si nasce con la possibilità di diventare persone libere e tutto questo esige un lavoro su sé stessi”. Lavoro che oggi è richiesto a ciascuno di noi e questo film potrebbe essere l’occasione per noi scout per rimettere al centro della nostra azione questa storia; dice il regista Gianni Aureli “Il messaggio che vogliamo trasmettere a tutti è che gli scout non sono solo quelli che fanno attraversare le vecchiette sulle strisce, ma gente che ha fatto una scelta coraggiosa, ragazzi che hanno preso in mano la loro vita seguendo i valori spirituali, morali e fisici di educazione come quelli proposti dall’Agesci”.

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redazione comuniq

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